Accordo petrolio Russia – Arabia, ecco perchè non funziona

Accordo petrolio Russia – Arabia, ecco perchè non funziona

Il petrolio ha chiuso la scorsa settimana in calo a New York: il light crude Wti ha ceduto 1,13 dollari nella giornata di venerdì a 29,64 dollari al barile dopo che è sfumato il cosiddetto accordo di Doha sul congelamento della produzione. Insomma, come era facilmente lecito attendersi, l’ipotesi di intesa tra Russia e Arabia sul congelamento dei livelli di produzione non ha funzionato.

Iran e Iraq, che pure avevano espresso appoggio formale all’iniziativa russo-saudita, alla fine non hanno aderito, con una posizione netta soprattutto da parte degli iraniani, recentemente tornati all’export di greggio dopo la sospensione delle sanzioni.

In tal proposito, ricordava MF, è emblematico lo studio presentato in anteprima alla trasmissione «Cinque giorni sui mercati» di Class Cnbc da Leonardo Maugeri, professore alla Harvard University e tra gli esperti più ascoltati sul mercato del greggio (tra l’altro, è tra coloro che hanno previsto la caduta già nel 2012).

L’opinione di Maugeri è che i prezzi del petrolio siano destinati a rimanere bassi a lungo in quanto, in base alle sue indagini, stima che la produzione dei maggiori Paesi produttori sia già ora superiore a quanto da essi dichiarato. In aggiunta a quanto sopra, l’esperto non si aspetta che l’Opec intervenga se non con il greggio al di sotto dei 25 dollari al barile e che comunque l’eccesso di produzione sia destinato ad aumentare per via degli investimenti effettuati dalle compagnie petrolifere negli ultimi anni e che solo da qui in avanti andranno a regime.

Intanto, giovedì scorso l’Eia ha pubblicato i dati sulle scorte settimanali di greggio all’interno degli Stati Uniti, rilevando una crescita di 2,1 milioni di barili a 504,1 milioni, per un nuovo livello record. Era dal 1930 che non si registrava una eccedenza superiore a una quota di 500 milioni di barili.

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