Prezzi petrolio in calo, ecco perché

Prezzi petrolio in calo, ecco perché

oil-pump-jack-1407715_960_720I prezzi del petrolio sono in flessione. E la motivazione, in buona evidenza, sembra essere ricollegata i segnali che i produttori di shale oil statunitensi hanno lanciato al mercato: la volontà di adattarsi al conteso di prezzi bassi, in un contesto che sembra esser sempre più riguardato dalla debolezza dell’economia asiatica, dove i raffinatori stanno già riducendo i flussi di produzione.

Alla luce degli impulsi di cui sopra, il futures sul Brent è oggi quotato intorno ai 46,3 dollari al barile, in flessione di quasi 50 centesimi di dollaro rispetto alla chiusura di ieri. Di contro, il greggio Wti, per il mercato Usa, starebbe cedendo 54 centesimi a poco meno di 44,9 dollari.

Per quanto attiene le altre informazioni che hanno contribuito a influenzare lo scenario in corso di evoluzione, l’agenzia di stampa Reuters ricorda come venerdì scorso la conta di Baker Hughes sulle trivelle attive abbia riscontrato, per il mercato statunitense, un incremento di 10 unità nella settimana terminata l’8 luglio, con un totale di sole 351 unità, contro le 645 unità di un anno fa. Si tratta comunque della quinta settimana (sulle ultime sei) di crescita, contro un lungo precedente trend di calo. I nuovi segnali statistici così emersi, hanno fatto supporto gli analisti internazionali che, in fondo, l’andamento calante del numero di impianti attivi stia per giungere alla conclusione, e che pertanto la produzione tornerà a crescere già nel corso del prossimo anno.

Oltre ai mercati finanziari, in pressione sembrano essere anche i mercati fisici, visto e considerato che, ad esempio, nel mercato canadese i flussi di greggio non sembrano trovare sufficienti sbocchi negli oledotti, a influenza ulteriore delle quotazioni del petrolio del Paese.

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