Le prime sedute dell’anno sono state sicuramente positive per quanto concerne il dollaro statunitense sul Forex e il petrolio nel mercato delle commodities. In ordine, nel Forex gli spunti sono stati sicuramente minimi, ma nonostante ciò ci sono stati chiari riferimenti a una discreta forza del dollaro USA, sulle prospettive di un ciclo di rialzo dei tassi USA costante nel 2017. Ricordiamo in tal proposito che la Federal Reserve ha stimato in 3 il numero dei rialzi dei tassi per l’anno in corso, ma se dovesse stupire con rialzi ancora superiori (soprattutto se la sua azione si renderà necessaria per poter compensare quella fiscale di Trump) la valuta verde potrebbe rafforzarsi oltre le attese.
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Petrolio in calo, ecco come cambiano le valutazioni sul greggio
Il petrolio è sceso di quotazione, tornando a perdere terreno dopo due giorni di rialzo guidato soprattutto dallo short covering dopo che le scorte di benzina sono scese più delle attese nel territorio degli Stati Uniti d’America. A questo punto il mercato assume una posizione di grande attesa per la prossima pubblicazione di importanti dati e report a fronte di bassi volumi, considerando che – sottolinea un report ISP di pochi giorni fa – i volumi totali scambiati sui contratti WTI sono stati del 40 per cento inferiori alla media a 100 giorni.
Prezzi petrolio in calo, ecco perché
I prezzi del petrolio sono in flessione. E la motivazione, in buona evidenza, sembra essere ricollegata i segnali che i produttori di shale oil statunitensi hanno lanciato al mercato: la volontà di adattarsi al conteso di prezzi bassi, in un contesto che sembra esser sempre più riguardato dalla debolezza dell’economia asiatica, dove i raffinatori stanno già riducendo i flussi di produzione.
Alla luce degli impulsi di cui sopra, il futures sul Brent è oggi quotato intorno ai 46,3 dollari al barile, in flessione di quasi 50 centesimi di dollaro rispetto alla chiusura di ieri. Di contro, il greggio Wti, per il mercato Usa, starebbe cedendo 54 centesimi a poco meno di 44,9 dollari.
Accordo petrolio Russia – Arabia, ecco perchè non funziona
Il petrolio ha chiuso la scorsa settimana in calo a New York: il light crude Wti ha ceduto 1,13 dollari nella giornata di venerdì a 29,64 dollari al barile dopo che è sfumato il cosiddetto accordo di Doha sul congelamento della produzione. Insomma, come era facilmente lecito attendersi, l’ipotesi di intesa tra Russia e Arabia sul congelamento dei livelli di produzione non ha funzionato.
Iran e Iraq, che pure avevano espresso appoggio formale all’iniziativa russo-saudita, alla fine non hanno aderito, con una posizione netta soprattutto da parte degli iraniani, recentemente tornati all’export di greggio dopo la sospensione delle sanzioni.
Quotazioni per il petrolio, la Russia si prepara a “tempi difficili”
Sono “tempi difficili” – afferma Anton Siluanov, il ministro delle Finanze russo – quelli ai quali bisogna prepararsi, anche a causa del petrolio basso. Una situazione esplosiva, che potrebbe tradursi in gravi difficoltà per gli investimenti in Russia.
Di fatti, lo scorso anno la Russia predisposte un budget 2016 ponderandolo su una quotazione media di 50 dollari al barile. Ora che il petrolio è sceso a quota 30, e ora che l’energia ha confermato di pesare per circa la metà delle entrate russe, le cose stanno cambiando in maniera molto radicale. Per averne conferma, sia sufficiente domandare ai principali istituti di credito russi, che si stanno preparando ai nuovi stress test con un pizzico di preoccupazione: per il 2016 molte banche avevano già adottato uno scenario 30 dollari, ma l’adozione di tale scenario era nelle previsioni più pessimiste (e per giunta, ora è stato addirittura superato).